IV di Quaresima. Oltre le cose visibili

IV di Quaresima. Oltre le cose visibili

Le parole che aprono il vangelo di questa domenica meritano particolare attenzione perché aiutano a leggere il brano nella giusta prospettiva. «Gesù passando vide un uomo cieco dalla nascita». Non è il cieco ad invocare l’intervento di Gesù, ma è Gesù che si accorge di lui. I discepoli, al contrario, non vedono un uomo ma un caso su cui discutere: «chi ha peccato, lui o i suoi genitori, perché sia nato cieco?». Dove i discepoli vedono una malattia legata al peccato, Gesù vede un’occasione per sperimentare la misericordia di Dio. Lo sguardo dei discepoli lascia quel cieco ai margini della strada, lo sguardo di Gesù gli permette di alzarsi dalla strada per ritrovare la sua identità e dire con orgoglio: «Sono io!». Ma l’intervento di Gesù per la guarigione del cieco nato crea dissenso tra diversi personaggi che ora intervengono sulla scena. C’è dissenso tra loro, ma li accomuna un atteggiamento: nessuno sembra rallegrarsi per quello che è successo al cieco. Anzi, la sua guarigione è per loro un problema. Prima di tutto i farisei, intenti a difendere la fedeltà alla loro religione. Per loro più importante della guarigione è il fatto che: «Quest’uomo non viene da Dio, perché non osserva il sabato». Neanche i genitori condividono la gioia del proprio figlio che ora ci vede. La loro preoccupazione è difendersi dai farisei. In questa scenografia diventa evidente che l’unico ad avere a cuore la sorte del cielo sia solo Gesù. Sembra una scena dei nostri giorni dove, di fronte ad un problema, piuttosto che intervenire si preferisce discutere. Anche coloro che governano spesso preferiscono gli studi televisivi per discutere e difendere il loro punto di vista, piuttosto che intervenire nella realtà così come esige la loro responsabilità. Al termine del racconto viene spontaneo concludere che in tutta questa vicenda il cieco è l’unico che vede davvero. Il cieco non ha bisogno di gente che gli dia spiegazioni, ma di qualcuno che gli apra gli occhi. Con parole molto semplici e immediate, lui stesso lo afferma davanti ai farisei: «Una cosa io so: ero cieco e ora ci vedo». Di fronte a questa triste realtà che vede i farisei preoccupati più della loro fedeltà alla Legge che di un uomo che ha ritrovato la sua libertà e la sua dignità, Gesù dice chiaramente: «È per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perché coloro che non vedono, vedano e quelli che vedono, diventino ciechi». Non possiamo nascondere che tra coloro che non vedono possiamo esserci anche noi, quando preferiamo ubriacarci di parole per non vedere la realtà. Anche per noi il Signore compie il miracolo della vista quando ci aiuta a guardare la realtà senza timore, quando ci fa alzare dal ciglio della strada e ci permette di non essere più mendicanti che dipendono dall’elemosina degli altri, ma persone capaci di assumersi la responsabilità della propria libertà.  Ma la vista che il Signore ci offre ci permette soprattutto di saper guardare oltre la realtà per poter dire con san Paolo: «noi non fissiamo lo sguardo sulle cose visibili, ma su quelle invisibili, perché le cose visibili sono di un momento, quelle invisibili invece sono eterne» (2Cor 4,18).

don Mimmo

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