Orario Sante Messe

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In Evidenza

AVVENTO-NATALE 2022

“Siate forti, riprendete coraggio”

Salmo 31

All’inizio di un nuovo anno liturgico, dobbiamo pensare al tempo che si apre davanti a noi come una preziosa occasione per ridare slancio al nostro cammino che, in questo momento storico sembra essere più lento e faticoso a motivo di situazioni inaspettate. Per il cristiano si tratta di scoprire ancora una volta che la vita è un “andare incontro con le buone opere al tuo Cristo che viene”, così come preghiamo nella Prima Domenica di Avvento.

Inutile nascondere che stiamo vivendo un diffuso senso di smarrimento, di disorientamento e di sfiducia. Anche come credenti ci sembra sempre più difficile attingere coraggio dalla fede. Forse, in questo momento la stiamo vivendo più come un invito alla rassegnazione che uno stimolo a non lasciarsi cadere le braccia.

Per questo, all’inizio di un nuovo anno liturgico vogliamo fare nostro l’invito del salmista:

“Siate forti, riprendete coraggio, o voi tutti che sperate nel Sinore” (Sal 31, 25). L’invito del salmista ci permette due riflessioni necessarie per riprendere il nostro cammino: siamo infatti invitati ad “essere forti” e a “riprendere coraggio”. Dobbiamo chiederci, come credenti, cosa significa concretamente “essere forti” e cosa significa “riprendere coraggio”.

L’invito ad “essere forti” ci rimanda come credente alla virtù della fortezza. Sappiamo che essa è un dono delloSpirito e una delle quattro virtù cardinali. Nel Catechismo della Chiesa Cattolica leggiamo:

“La fortezza è la virtù morale che, nelle difficoltà, assicura la fermezza e la costanza nella ricerca del bene. Essa rafforza la decisione di resistere alle tentazioni e di superare gli ostacoli nella vita morale. La virtù della fortezza rende capaci di vincere la paura, perfino della morte, e di affrontare la prova e le persecuzioni”. CCC 1808).

La fortezza non è una prerogativa degli eroi, ma un dono che Dio offre a tutti e mai, come in questo momento, tutti dobbiamo invocarlo per ritrovare la forza per continuare a camminare. Ricordiamo la promessa di Gesù ai suoi discepoli: avrete forza dallo Spirito Santo che scenderà su di voi e mi sarete testimoni” (At 1,8).  Il dono della fortezza è offerto ad ogni cristiano soprattutto per rendere testimonianza. E quando si rende testimonianza se non nel momento in cui si sperimenta la sfida tra ciò che si crede e ciò che si vive? Ostacoli e delusioni non mancheranno mai, insieme ad eventi inaspettati che ci trovano impreparati. Ma tutto questo non deve mai diventare occasione per fermarsi. La fortezza si rivela proprio nella decisione di continuare a vivere e a credere, affrontando quei tratti di strada che fanno sudare e che a volte vorrebbero costringerci a rinunciare.

Nella storia del popolo d’Israele leggiamo un capitolo interessante della storia di Mosè. Egli ha compreso che ormai la sua missione sta per concludersi e non potrà entrare con il suo popolo nella terra promessa. Ora dovrà affidare a Giosuè il compito di guidare il popolo ed egli lo fa rassicurando il suo successore: “Il Signore stesso cammina davanti a te; egli sarà con te, non ti lascerà e non ti abbandonerà; non temere e non ti perdere d’animo!” (Dt 31,8).Queste parole assumono un significato particolare sulla bocca di Mosè, che dopo aver sopportato il peso di guidare il suo popolo ha saputo che non potrà vedere il successo della sua missione. Il popolo ha attraversato con Mosè il mar Rosso, ora dovrà attraversare con Giosuè il fiume Giordano per entrare finalmente nella terra promessa. C’è sempre un deserto o un fiume da attraversare per entrare nella terra della libertà e della gioia. I cristiani dovrebbero continuamente ricordare che il passaggio fondamentale lo ha fatto Cristo per loro, attraversando la valle oscura della notte per entrare nel giardino della vita. Forse, oggi, il nostro dramma più grande è proprio quello di non essere più disposti o preparati ad attraversare gli eventi drammatici per raggiungere la mèta del cammino. Non si diventa forti a furia di rassicurazioni, di garanzie o di compassione. Si diventa forti non perché non si cade, ma perché ci si rialza dopo essere caduti.Noi, oggi, siamo chiamati ad attraversare questo tempo difficile che la storia ci fa vivere, fissando lo sguardo non sul deserto o sul fiume da attraversare, ma allargano lo sguardo per guardare oltre il deserto o il fiume.

Il versetto del Salmo al quale ci siamo affidati, non solo ci invita ad essere forti, ma anche a riprendere coraggio. La fede non è uno stato di tranquillità. Gesù non ha mai illuso i suoi discepoli con la promessa di una vita serena e senza ostacoli. Anzi, li ha sempre esortati a non abbattersi di fronte alle avversità, confidando solo nella sua presenza e nel suo aiuto.San Paolo parla della fede come una continua lotta che ogni volta chiede il coraggio di affrontare le sfide, confidando non nelle proprie forze ma nella forza che viene dalla fede in Cristo. Siamo noi cristiani ad aver pensato ingenuamente o forse furbescamente che la fede si risolva in precetti da osservare o programmi pastorali da seguire. Il tempo che stiamo vivendo dovrebbe aiutarci a capire che la fede, o tocca la vita concreta o non è fede, ma solo una religione tra le tante che cerca di tacitare le inquiete coscienze. La fede entra in gioco proprio nel momento in cui la vita è messa fuori gioco. In termini più semplici, la fede è il coraggio di vivere senza lasciarsi assalire dalla paura della sconfitta, della sofferenza o della morte. Noi vivremo sempre situazioni in cui saremo tentati di rinunciare a vivere. Scrive lo scrittore inglese Chesterton: “Il coraggio è quasi una contraddizione in termini. Significa un forte desiderio di vivere, proiettato nella possibilità di essere pronti a morire” (Ortodossia).

L’Avvento è un tempo prezioso che il Signore ci offre per riprendere coraggio, certi che il nostro cammino non è un girare a vuoto, ma un andare verso di Lui che ci viene incontro. Il Dio che si è fatto uomo entrando nella nostra storia è la conferma della bellezza della vita, che anche quando ci sono le nuvole, come il sole continua a risplendere.

don Mimmo

Commento della Domenica

Dal Vangelo secondo Marco 10,2-16                 In quel tempo, alcuni farisei si avvicinarono e, per metterlo alla prova, domandavano a Gesù se è lecito a un marito ripudiare la propria moglie. Ma egli rispose loro: «Che cosa vi ha ordinato Mosè?». Dissero: «Mosè ha permesso di scrivere un atto di ripudio e di ripudiarla». Gesù disse loro: «Per la durezza del vostro cuore egli scrisse per voi questa norma. Ma dall’inizio della creazione [Dio] li fece maschio e femmina; per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due diventeranno una carne sola. Così non sono più due, ma una sola carne. Dunque l’uomo non divida quello che Dio ha congiunto». A casa, i discepoli lo interrogavano di nuovo su questo argomento. E disse loro: «Chi ripudia la propria moglie e ne sposa un’altra, commette adulterio verso di lei; e se lei, ripudiato il marito, ne sposa un altro, commette adulterio». Gli presentavano dei bambini perché li toccasse, ma i discepoli li rimproverarono. Gesù, al vedere questo, s’indignò e disse loro: «Lasciate che i bambini vengano a me, non glielo impedite: a chi è come loro infatti appartiene il regno di Dio. In verità io vi dico: chi non accoglie il regno di Dio come lo accoglie un bambino, non entrerà in esso». E, prendendoli tra le braccia, li benediceva, imponendo le mani su di loro.   Una premessa si rende necessaria: non possiamo ridurre questa pagina evangelica ad un dibattito su matrimonio e divorzio. Cadremmo nello stesso errore dei farisei che pongono la domanda a Gesù: “E’ lecito?”. Quella parola dice già il campo nel quale voglio attirare Gesù, quello della legge, il campo delle norme. Infatti, il vangelo ci dice la malizia che…

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