III Domenica di Avvento. Che cosa dobbiamo fare?

III Domenica di Avvento. Che cosa dobbiamo fare?

Dal Vangelo secondo Luca 3,10-18

                In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo: «Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto».  Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato».  Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

 

Per tre volte ritroviamo nel nostro brano la domanda “Che cosa dobbiamo fare?”. Una domanda rivolta a Giovanni prima dalle folle, poi dai pubblicani e infine da alcuni soldati. Con la sua predicazione, il Battista ha fatto breccia nel cuore dei suoi uditori. La scena ci ricorda il giorno di Pentecoste, là dove leggiamo della folla che pone a Pietro la stessa domanda perché alle parole dell’apostolo, essi “si sentirono trafiggere il cuore” (At 2,37). Solo un annuncio che tocca il cuore fa nascere la domanda e rende chi lo riceve disponibile a rimettersi in gioco. Le folle, i pubblicani e alcuni tra i soldati hanno compreso che la “conversione” tocca la vita concreta, chiede di ripensare al proprio stile di vita. A loro, Giovanni non dà nessuna indicazione riguardo al culto o alla preghiera. Ai pubblicani e ai soldati egli non chiede di cambiare mestiere. Essi devono semplicemente cambiare lo stile con cui lo fanno. Giovanni dà a loro solo due indicazioni molto concrete che toccano la giustizia e la carità. Il Battista chiede a loro solo un atteggiamento di onestà. Essi devono semplicemente impegnarsi a non abusare del loro ruolo e a svolgere il loro servizio senza calpestare la dignità degli altri. Se noi, oggi, non siamo più capaci d fare la stessa domanda di chi ascolta il Battista è forse perché abbiamo circoscritto la fede tra le mura delle nostre chiese.  Il credente che vuole vivere in modo serio e autenticamente evangelico la sua fede non può sottovalutare le sue conseguenze nella vita di ogni giorno. Sarebbe utile riprendere tra le mani la “Lettera a Diogneto” e rileggere quanto è detto a proposito dei cristiani: essi “non si differenziano dagli altri uomini né per territorio, né per il modo di parlare, né per la foggia dei loro vestiti”. Ciò che li rende diversi è semplicemente il fatto che “vivono nella carne, ma non secondo la carne”, cioè vivono nel mondo, ma non si lasciano sedurre dalla logica del mondo. Non si tratta di diventare più “pii” moltiplicando preghiere o devozioni, ma di vivere col respiro del Vangelo la nostra storia quotidiana. In fin dei conti, quello che il Battista chiede ai suoi uditori sembra non avere nulla di eccezionale, ma rende eccezionale, nel senso di “straordinaria”, “speciale”, la vita di chi accoglie Cristo nella sua vita.

don Mimmo

Share

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *