Domenica 2 novembre. Commemorazione dei fedeli defunti

Domenica 2 novembre. Commemorazione dei fedeli defunti

Dal Vangelo secondo Giovanni 6,37-40

                    In quel tempo, Gesù disse alla folla: «Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

 

La coincidenza del 2 Novembre con la Domenica dobbiamo interpretarla come una provvidenziale occasione che ci permette di ricordare e pregare per i nostri Defunti nel contesto più appropriato, cioè nel giorno in cui celebriamo la Risurrezione di Cristo che fonda la fede cristiana e ritma la storia quotidiana. Inutile negare che, credenti o non credenti, tutti sperimentiamo la paura della morte e facciamo difficoltà a parlarne. Ma il giorno dedicato dalla Chiesa al ricordo dei Defunti non può restare un semplice ricordo. Se, umanamente parlando, il ricordo di una persona cara che ci ha lasciato provoca tristezza o nostalgia, come credenti sappiamo che la fede nella Risurrezione ci invita a guardare alla morte con occhi diversi. I Vangeli ci dicono che anche Gesù pianse di fronte alla morte del figlio della vedova di Nain o per la morte di Lazzaro. Ma nello stesso tempo egli di fronte alla loro morte invitava a credere nel mistero della risurrezione. Nel primo dei Vangeli proposto per questa celebrazione (abbiamo infatti tre schemi di liturgia della Parola per questa celebrazione) c’è un verbo sulla bocca di Gesù che ci aiuta a comprendere come dobbiamo guardare alla morte: Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me”. Affidandosi alle parole di Gesù il credente comprende infatti che la morte non è un “andare” verso chi sa quale luogo, così come spesso pensiamo e diciamo, ma un “venire” verso Cristo. Il verbo “andare” indica distanza, lontananza, il verbo “venire” indica vicinanza. Non è un caso se questo verbo lo utilizziamo anche per la nascita di qualcuno: venire alla luce. Gesù spiega allo stesso tempo, che la volontà del Padre è che “io non perda nulla di quanto egli mi ha dato”. Sono parole che affermano una grande verità: la nostra esistenza è tutta affidata alla premura di Cristo perchè ogni creatura, anche nel momento della morte possa sperimentare l’amore di Dio. Il libro della Sapienza ricorda che “Dio non ha creato la morte… Egli ha creato tutte le cose perché esistano” (Sap 1, 13-14). Umanamente parlando, sappiamo che anche se la morte può portarci via una persona cara, ma non potrà uccidere il suo ricordo che trova forza nell’amore che ci legava a quella persona. A maggior ragione, per i credenti, l’Amore di Dio è più forte della morte perché come ricorda san Paolo: “nulla potrà mai separarci dall’amore di Dio” (Rm 8,39).

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