XXXII Domenica: “Perchè non sapete”

XXXII Domenica: "Perchè non sapete"

In queste ultime domeniche dell’Anno liturgico la Chiesa orienta il suo sguardo sulla venuta del Signore alla fine dei tempi. Sono domeniche che, in un certo senso, già preparano al tempo di Avvento. Risuona, infatti, in questa domenica il solenne monito di Gesù: «Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora». Gesù introduce il suo monito con la parabola delle “dieci vergini” che sin dall’inizio vengono distinte tra stolte e sagge. L’immagine delle vergini, se immediatamente richiama donne libere dal vincolo del matrimonio, ad uno sguardo più attento richiamano l’atteggiamento di una disponibilità molto più ampia, un’immagine che descrive l’uomo libero da ogni vincolo. “Vergine” può essere quindi la persona dal cuore libero. «Ecco lo sposo! Andategli incontro!». Non è solo il grido che sveglia le vergini dal sonno, ma sono parole che esprimono anche l’esperienza alla quale la vita chiama ogni uomo, cioè la bellezza di saper “at-tendere”. La dinamica della vita, e ancora di più quella dell’amore, spinge ogni uomo a tendere verso qualcuno. Nella parabola è la dinamica che sveglia le vergini: «Ecco lo sposo! Andategli incontro!». L’amore spinge verso l’altro e apre all’incontro. E’ il desiderio dell’incontro a determinare chi è saggio e chi è stolto perché il desiderio può accendere o spegnere una vita. «Le stolte presero le loro lampade, ma non presero con sé l’olio».  Non basta avere il cuore libero, non è sufficiente essere “vergini” se non c’è il desiderio dell’incontro, di un amore che prenda dimora in noi. La vigilanza alla quale Gesù chiama suona quindi come un invito a tenere sempre acceso questo desiderio, anche quando lo sposo tarda a venire. «Non sapete né il giorno né l’ora». La fede ha molto in comune con l’esperienza dell’amore. Nessuno sa, e neanche può decidere quando innamorarsi. A volte ci ostiniamo a voler programmare tutto, nella presunzione di poter governare noi situazioni o esperienze. Il cammino della fede ci chiede di accettare, “la sfida del ritardo” che può addormentarci nella fede. «Non sapete né il giorno né l’ora». Le parole di Gesù non sono una minaccia per vivere nel terrore della morte e del giudizio, ma sono un invito a tenere sempre viva nel cuore la promessa delle cose future. Scrive Ilario di Poiters: “Le stolte sono le anime che, rilassate e negligenti, si sono curate solo delle cose presenti e, dimentiche delle promesse di Dio, non sono arrivate fino alla speranza della risurrezione” (Commento a Matteo 27). A volte, forse in modo ingenuo, o forse per superficialità, affidiamo la nostra felicità a promesse senza respiro. Pensiamo di dover consumare tutto quello che la vita ci offre e fino a quando lo offre perché oltre non c’è nulla. Pensiamo di poter consumare la vita, mentre in realtà è la vita che ci consuma lasciandoci molto spesso con l’amaro in bocca. La promessa di Gesù allarga lo stretto orizzonte nel quale spesso ci ostiniamo a vivere, convinti che oltre non ci sia altro. Quando la vita sembra portarci sull’orlo di un precipizio avvertiamo tutti il bisogno di alzare lo sguardo oltre quel precipizio. Abbiamo bisogno di vivere nella speranza, non per chiudere gli occhi sulla realtà, ma perché nel cuore portiamo il desiderio di guardare oltre quello che vediamo e tocchiamo. La speranza del cristiano ha un volto, quello di Cristo.

don Mimmo

immagine: Processione delle sante vergini e martiri, Mosaico in Sant’Apollinare Nuovo a Ravenna

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