XXIII Domenica del tempo ordinario. Ha fatto bene ogni cosa

XXIII Domenica del tempo ordinario. Ha fatto bene ogni cosa

Dal Vangelo secondo Marco 7,31-37

                 In quel tempo, Gesù, uscito dalla regione di Tiro, passando per Sidòne, venne verso il mare di Galilea in  pieno territorio della Decàpoli.  Gli portarono un sordomuto e lo pregarono di imporgli la mano. Lo prese in disparte, lontano dalla folla, gli pose le dita negli orecchi e con la saliva gli toccò la lingua; guardando quindi verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: «Effatà», cioè: «Apriti!». E subito gli si aprirono gli orecchi, si sciolse il nodo della sua lingua e parlava correttamente. E comandò loro di non dirlo a nessuno. Ma più egli lo proibiva, più essi lo proclamavano e, pieni di stupore, dicevano: «Ha fatto bene ogni cosa: fa udire i sordi e fa parlare i muti!».

 

Gesù accoglie la richiesta di chi gli porta il sordomuto, ma il miracolo non arriva immediatamente. Prima di soffermarsi sui gesti che Gesù compie su quel povero uomo c’è un gesto che precede il miracolo e al quale è opportuno volgere l’attenzione: «Lo prese in disparte, lontano dalla folla». Perché «in disparte»? Perché «lontano dalla folla»? Forse perché la folla rappresenta la situazione nella quale diventiamo un po’ tutti sordomuti, persone anonime che non comunicano tra loro. Aveva ragione Francesco Bacone quando scriveva che “una folla non è compagnia, e le facce sono soltanto una galleria di quadri” (F. Bacone, Saggi, Sellerio editore).  Per alcuni la folla è il luogo nel quale ci si perde e per alcuni il luogo ideale dove nascondersi e sentirsi al sicuro, ma in questo modo si perde la propria identità. Per altri la folla provoca solo solitudine e impedisce ogni relazione. Gesù «prese in disparte» il sordomuto perché vuole stare solo con lui. In quel gesto di Gesù troviamo il cuore della fede: solo nell’incontro personale, solo guardandosi negli occhi è possibile dare vita ad un dialogo. E la fede è prima di tutto un incontro personale con Cristo. La grande contraddizione nella nostra società è quella di aver affinato e moltiplicato i mezzi di comunicazione, ma con il risultato aver svilito e inaridito il dialogo tra le persone. Oggi, diventa sempre più difficile parlare guardandosi negli occhi perché c’è uno schermo che si frappone tra i volti. Ma la bellezza del brano evangelico non si ferma sul piano orizzontale che ci aiuta a comprendere il miracolo di chi è messo in condizione di poter comunicare con gli altri. L’incontro con Gesù offre soprattutto la dimensione verticale del miracolo, cioè la bellezza di chi sa aprirsi al dialogo con Dio perché, come spiega un santo monaco del VII secolo, Beda il Venerabile: “il sordomuto è colui che non apre le orecchie per ascoltare la parola di Dio, né apre la bocca per pronunziarla” (Commento al Vangelo di Marco 2). E’ facile intravedere nei gesti che Gesù compie su quell’uomo sordomuto, gli stessi gesti raccontati nella creazione dell’uomo. Infatti il brano si conclude con lo stupore del popolo: “Ha fatto bene ogni cosa” che richiama il ritornello che accompagna i giorni della creazione: “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona” (Gen 1,31). Nella prospettiva della nuova creazione inaugurata da Cristo diventa ancora più interessante capire l’affermazione di Gesù che è allo stesso tempo un comando e una invocazione: «guardando verso il cielo, emise un sospiro e gli disse: “Effatà”, cioè: “Apriti!”. Il vero miracolo per quell’uomo è di poter entrare in dialogo con Dio, il vero miracolo è quello di non sentirsi respinto da Dio ed emarginato dagli uomini. Ad aprirsi non è solo il cielo, ma anche quell’uomo che ha davanti a sé una nuova prospettiva di vita.

 

don Mimmo

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