XIV domenica. Il dolce peso della fede

XIV domenica. Il dolce peso della fede

«Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra». Sono le parole che aprono la preghiera di lode che Gesù rivolge al Padre. Ma il motivo della lode lo comprendiamo meglio se teniamo conto che appena prima, Gesù ha rimproverato le città che, orgogliosamente chiuse nella loro arrogante sapienza non hanno accolto le sue parole e non si sono convertite. Da questa triste esperienza nasce il riferimento ai “piccoli” che Gesù nella sua preghiera contrappone “ai sapienti”: «hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli». Ma chi sono i “piccoli”? Come spiega sant’Agostino, i “piccoli” sono le persone umili, le persone semplici. Infatti, lo stesso Agostino esorta il cristiano: “Tu devi dire che non sei luce a te stesso. Al massimo sei un occhio, non sei luce. A che giova un occhio aperto e sano, se manca la luce?” (Sermone 67,8). Le parole di Gesù sono rivolte quindi a coloro che vivono la fede con cuore semplice, coloro che non hanno la presunzione di possedere la verità, orgogliosi e gelosi delle proprie convinzioni. A volte, anche coloro che hanno una responsabilità spirituale nei confronti dei loro fratelli alimentano la convinzione che la fede sia solo una lista di precetti da osservare. Altri poi, amano sciorinare la loro cultura dal pulpito perché è l’unica occasione che hanno per ostentare la propria intelligenza. Sono coloro che alimentano l’idea di una fede assurda e complicata. E’ Gesù stesso ad affermarlo quando invita coloro che lo ascoltano: «Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me». Il “giogo” infatti, per gli ebrei che ascoltano è la Legge che scribi e farisei hanno reso un fardello pesante, scribi e farisei che hanno ridotto la fede in un’osservanza scrupolosa che toglie il respiro e allontana da Dio. Il “giogo” di Gesù, al contrario, è dolce e leggero perché è il “giogo” dell’Amore. Questo è l’unico comandamento che Gesù ha lasciato ai suoi discepoli. L’invito di Gesù è quindi quello di entrare in questo vortice dell’amore per sperimentare la bellezza e il conforto della fede. E’ confortante per noi, ancora oggi, ascoltare l’invito più bello che Gesù rivolge a coloro che sperimentano la fatica della vita e si sentono schiacciati, non solo dalla vicende ostili e dalle sconfitte, ma anche da una fede che rischia di opprimere, invece che confortare: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro». Dobbiamo chiederci con onestà perché molta gente si allontana dalle nostre comunità. E’ gente che non crede oppure è gente alla quale non abbiamo trasmesso la bellezza e la semplicità della fede? Credere non può essere causa di angoscia, ma motivo di serenità. Il nostro credere non può limitarsi alla preoccupazione di osservare scrupolosamente comandamenti e precetti, ma deve essere soprattutto la capacità di abbandonarsi a Dio con la stessa fiducia innocente e profonda dei bambini. E’ bello vedere che oggi la Chiesa vive con più grande preoccupazione la missione verso coloro che vivono lontani dalla fede. Ma la preoccupazione non può essere quella di riempire le nostre chiese o di intruppare i così detti “lontani” nei nostri gruppi parrocchiali. Piuttosto dobbiamo rivolgere loro lo stesso invito di Gesù: «Venite a me… io vi ristorerò». In termini più concreti: dobbiamo aiutare i credenti a comprendere che non sono i comandamenti e i precetti che ci conquistano l’Amore di Dio, ma è l’Amore per Dio che ci rende capaci di osservarli. E’ qui che si gioca la bellezza e la semplicità della fede.

don Mimmo

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