BuonSenso #3
Un anziano disse:
“I padri sono entrati nella vita interiore per mezzo della severità;
noi, se possiamo, entriamo nella bontà per mezzo dell’umiltà”.
Detto di un padre del deserto
Colpisce ascoltare un detto di più di quindici secoli fa in cui si respira una mentalità tutt’ora riscontrabile: “i figli non sono capaci dei sacrifici dei padri”, oppure “non c’è più la disciplina di una volta”. Fa sorridere, infatti, pensare che i monaci del deserto, capaci di ascesi, digiuni e fatiche che noi non riusciamo a immaginare neanche come minimamente sopportabili, si considerassero a loro volta “molli” rispetto alla generazione precedente.
Eppure il saggio anziano riesce a vedere delle possibilità di frutti spirituali anche nella diversità generazionale. La severità, l’ascesi, la disciplina hanno reso i padri più capaci di profondità umana, intellettuale, spirituale. Rendersi conto di questo, stimarlo, apprezzarlo e riconoscere la propria incapacità nel sostenere quel regime di vita, può far crescere la generazione successiva in umiltà, giusta considerazione di se stessi e dei propri limiti. Da questo atteggiamento nascono frutti spirituali di bontà, di maggiore comprensione e misericordia verso chi fa fatica a disciplinare le proprie debolezze e ad affrontare le difficoltà.
Guardare l’altro con saggezza nella libertà interiore, permette di vedere come due atteggiamenti differenti (severità e umiltà) possano condurre a due frutti spirituali (vita interiore e bontà), che nella loro diversità sono entrambi virtù. E così il figlio, divenuto anziano e guardando la propria vita, è in grado di riconosce la bellezza delle virtù di coloro che lo hanno preceduto e spera di averne lasciate altre in eredità a coloro che lo seguiranno. Comprendendo che ogni generazione può portare i suoi frutti.
Don Alfredo
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